Copi, pseudonimo di Raúl
Damonte Botana (Buenos Aires 20/11/1939 – Parigi 14/12/1987) è stato un
drammaturgo, fumettista e scrittore argentino naturalizzato francese.
Ci teneva a ricordare che “D’Amonte è un nome
italiano, un nome di Diano Marina (in provincia di Imperia), dove c’è ancora
oggi un parrucchiere che si chiama D’Amonte e c’è della gente che mi assomiglia
fisicamente. Il padre del padre di mio padre era italiano. Ma ho tre bisnonne
indiane e una ebrea. Sono nato a Buenos Aires nel 1939, però a 6 anni ero a Montevideo e poi a Parigi
perché i miei erano esiliati politici”. Una di queste antenate scriveva
anche lei commedie di un certo successo che venivano rappresentate nella
capitale negli anni Venti-Quaranta. Uno dei nonni era stato proprietario del
più grande giornale di Baires, mentre a causa delle idee
politiche anarchiche del padre (era direttore di un giornale e
deputato anti-peronista), fu costretto a cambiare spesso città e nazione,
passando dall'Argentina all'Uruguay fino alla Francia.
Fin da molto giovane mostra un
talento precoce per il disegno: all'età di 16 anni già collabora ad un giornale
satirico (Tia Vicente). Negli anni sessanta, arrivato a Parigi,
Copi si fece conoscere nel Nouvel Observateur con il suo
personaggio della "donna seduta", dalle vedute piccoloborghesi, che
si lancia in discussioni surreali con un pollo chiacchierone o un topo
sfacciato.
Oltre al successo grazie alla sua
carriera come fumettista Copi collaborò con diversi giornali e scrisse numerosi
romanzi ed opere teatrali. Le sue commedie (nelle quali recitava come
protagonista in travestimenti femminili), erano provocatorie e insolenti,
popolate di personaggi scandalosi e marginali e caratterizzate da un umorismo
buffonesco e surreale.
Nel 1971 diede alle stampe L'homosexuel
ou la difficulté de s'exprimer (L'omosessuale o la difficoltà di
esprimersi), con cui rese palese la sua sessualità. Dotato di un grande
senso dell'umorismo, spesso autoironico, dedicò al tema gay negli anni ’70 il
romanzo satirico-camp Il ballo delle checche e collaborò col
periodico gay parigino Gai Pied.
Pochi giorni prima di morire gli fu
assegnato il 'Gran premio di letteratura drammatica 1987 della città di
Parigi'.
Copi fu colpito dall'Aids, ma
neppure su questa malattia rinunciò a fare un graffiante sarcasmo: poco prima
di morire scrisse Una visita inopportuna, che aveva per
protagonista un malato di Aids (interpretato in scena da Copi stesso) che
veniva visitato dalla Morte.
“Ho cominciato a scrivere teatro
a 12 anni. L’età in cui sono arrivato a Parigi la prima volta, così ansioso di
vedere e sentire il teatro. Quando l’ho visto ho smesso di scriverne. A parte
tutto, sino ad allora scrivevo e pensavo in spagnolo. È solo più tardi che ho
cominciato a pensare e a scrivere in francese. È già disegnavo. Comunque non ho
mai abbandonato il teatro. A un certo punto avevo smesso di scriverne. Ma ho
continuato a disegnare. Insomma, credo di aver fatto sempre la stessa. Ho
disegnato teatro…” In queste dichiarazioni,
rilasciate da Copi sul finire degli anni ‘60, si
riassume la filosofia di questo geniale artista, “discusso e discutibile,
straziante, atroce, insopportabile” per citare Oreste del Buono.
Lo stile del disegno di Copi è estremamente minimale, la caricatura
si concentra su particolari ingigantiti, come il naso della protagonista,
tracciato da una linea sottile, estremamente grafica. Copi gioca continuamente
con i doppi sensi, anche grafici, per cui accosta al profilo della donna
seduta, iguana, lumache, uccelli che le somigliano. Uno dei personaggi classici
che la Donna Seduta incontra è un pollo o anatra o pavone, perché anche in
questo caso l'identita di questo personaggio è resa ambigua sia dalla forma con
cui Copi la disegna, sia dalle affermazioni che questo animale fa durante i
dialoghi.
La protagonista delle storie passa la maggior parte del suo tempo seduta su una sedia a
intavolare discussioni con vari personaggi: siano essi un pollo, un topo, una
suora. Grazie all’eccezionale sintesi grafica emergono i dialoghi, surreali,
divertenti e spesso molto pungenti nel descrivere la società di quel periodo. Alla donna seduta Copi non da un nome
perché in effetti non è necessario.
Nei dialoghi da Teatro dell’Assurdo, intervallati da silenzi insoliti,
pesanti e pieni di attese e/o minacce Copi rappresenta in uno stile sempre ironico, macabro, surreale, i perdenti, i drammi della solitudine
e la difficoltà di vivere.
Per citare ancora Oreste del Buono: “Copi è il più spregiudicato, e spregiudicato
non è la parola adatta, è il più irrispettoso degli autori oggi. Altri
denunciano la volgarità della vita attuale con la volgarità del segno. Copi è
irriducibilmente elegante. E questo fa si che la volgarità sia denunciata maggiormente…”
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