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KEITH REID

Il paroliere colto dei Procol Harum


Purtroppo, ancora una volta, dobbiamo registrare la scomparsa di un protagonista della scena rock degli anni 60 e 70. Ma questa luttuosa circostanza è, ancora una volta, l'occasione per parlare del personaggio che non c'è più.

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Keith Reid, poeta e paroliere dei Procol Harum, uno dei gruppi inglesi più influenti nel panorama del progressive rock, se ne è andato il 23 marzo scorso, a 76 anni.

Nato nel 1946 a Welwyn Garden City, una cittadina inglese non lontana da Londra, Keith Stuart Brian Reid, meglio conosciuto come Keith Reid, lasciò la scuola in giovane età per intraprendere la carriera di cantautore.

Nel 1966 ebbe la fortuna di incrociare Gary Brooker, anch'egli da poco scomparso (nel 2022), quando quest'ultimo faceva ancora parte dei Paramounts. I due amici, con Matthew Fisher (organista) e Robin Trower (chitarrista), diedero vita ai Procol Harum uno dei gruppi inglesi che ha maggiormente influenzato la scena rock inglese a partire da quegli anni e che viene considerato uno dei capostipiti del progressive rock.

I Procol Harum saranno i protagonisti di alcuni dei maggiori successi commerciali degli anni 60, anche sul mercato italiano. Ne citiamo alcuni, tutti prodotti fra il 1967 e il 1969:

'A whiter shade of pale' (nota in Italia anche come 'Senza luce' dei Dik Dik), 'Homburg' ('L'ora dell'amore' dei Camaleonti), 'Shine on Brightly' (cantata in lingua italiana dagli stessi Procol Harum con il titolo 'Il tuo diamante'), 'A salty dog', 'Conquistador', 'Repent Walpurgis' (brano solo strumentale, lanciato in Italia con il titolo 'Fortuna').

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La band ha contribuito allo sdoganamento di alcuni riferimenti colti (sia musicali che letterali) che sarebbero stati linfa vitale per lo sviluppo del prog rock.

Sono stati fra i primi ad utilizzare materiale ricavato dalla musica classica, in particolare da Bach e dal barocco in generale, a partire da 'A whiter shade of pale' che richiama l'Aria sulla Quarta Corda' nella introduzione per organo sino ad arrivare al break per pianoforte di 'Repent Walpurgis' che cita in modo pedissequo il Preludio n.1 del 'Clavicembalo ben temperato' di Bach.

Per la verità, fu una corrente molto di moda in quegli anni: non possiamo certo non parlare dei Moody Blues che furono i primi ad utilizzare l'orchestra sinfonica, in modo strutturale e non come semplice accompagnamento, in 'Days of Future Passed' del 1967, considerato da molti il primo vero album del progressive rock. Ma, fra gli altri, anche gli Aphrodite's Child di Vangelis avrebbero sfruttato questo filone con 'Rain and Tears', enorme successo del 1968, basata su un adattamento del Canone di Pachelbel, composto nella seconda metà del 1600. Senza dimenticarci ovviamente dei Beatles che furono i primi a dare il via a queste contaminazioni, lasciando spazio a sonorità di violini e orchestre sinfoniche, anche se in un contesto più psichedelico, a partire dall'album 'Revolver' del 1966.

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Ma torniamo a Keith Reid, il paroliere che collaborerà in tutti i principali dischi dei Procol Harum: nel contesto di quelle colte suggestioni della fine degli anni 60, i suoi testi dimostrano una singolare potenza lirica e immaginifica e sono densi di richiami e di riferimenti letterari.
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'A whiter shade of pale', del 1967, con la sua atmosfera lisergica, ambientata probabilmente in una discoteca (o meglio 'sala da ballo' per usare un termine coerente con il periodo storico), contiene diversi riferimenti: il Racconto del mugnaio dai Racconti di Canterbury di Chaucer, per raffigurare forse uno spacciatore di droga:

 

And so it was that later

as the miller told his tale

that her face, at first just ghostly,

turned a whiter shade of pale 

 

E fu così che più tardi

non appena il mugnaio finì la sua storia

la sua faccia, all'inizio quasi spettrale,

diventò di un bianco immacolato

 

Oppure le Vestali della tradizione dell'antica Roma, forse come metafora della vittima sacrificale:

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And would not let her be

one of sixteen vestal virgins

who were leaving for the coast

 

E non avrei permesso che lei diventasse

una delle sedici vergini vestali

che stavano partendo per la costa 

 

Si è molto detto sulla cripticità dei suoi testi: in particolare, le parole di 'A whiter shade of pale', particolarmente sibilline, sono state oggetto di varie interpretazioni, ma senza mai arrivare ad una soluzione definitiva. Lo stesso Keith Reid, interpellato a proposito, aveva promesso che avrebbe svelato il mistero, ma non è mai riuscito a farlo. Per apprezzarne il testo, si consiglia di lasciarsi trasportare dalle sue suggestioni senza pretendere di capirne le relazioni logiche.


In un'altra canzone, 'Homburg' del 1967, Reid racconta a suo modo la storia di un amore finito: lei se ne va di casa, lasciando portaceneri pieni di cicche di sigaretta e il letto sfatto, mentre la disperazione dell'abbandono induce il protagonista ad immaginare visioni ambientali che potrebbero essere ispirate da 'Alice nel Paese delle Meraviglie' di Lewis Carroll:

Your multilingual business friend

has packed her bags and fled

Leaving only ash-filled ashtrays

and the lipsticked unmade bed 

The mirror, on reflection,

Has climbed back upon the wall

For the floor she found descended

And the ceiling was too tall

 

Riferimenti a Carroll vengono ripresi anche nella strofa successiva, quando il protagonista si accorge che il tempo (l'avvenire) è diventato il suo nemico principale:

 

The town clock in the market square

stands waiting for the hour

when its hands they both turn backwards

and on meeting will devour

both themselves and also any fool

who dares to tell the time

And the sun and moon will shatter

and the signposts cease to sign 

 
keithreid_5r.jpgPer finire con il ritornello che fa riferimento ad una situazione molto classicamente 'british': l'autore, nella sciatteria dovuta al suo sconforto sentimentale, deve rinunciare all'eleganza del suo Homburg (classico cappello di feltro tipicamente inglese, in italiano detto 'lobbia', come quello che ricordiamo indossato da Winston Churchill).
 

Your trouser cuffs are dirty

and your shoes are laced up wrong

you'd better take off your homburg

'cos your overcoat is too long 

 
>>> leggi la traduzione in italiano

keithreid_6.jpgVorrei concludere questa piccola raccolta antologica delle canzoni di Keith Reid con un'altra canzone che contiene in sé numerosi riferimenti presi dalla più classica letteratura inglese: 'A Salty Dog', 'Un lupo di mare', del 1969, storia di un naufragio o di una fuga a bordo di un vascello, in cui sono protagonisti il Capitano e la sua ciurma. Tutta la canzone fa pensare alle storie e alle tragedie marinaresche dei romanzi di Joseph Conrad, da 'Lord Jim' a 'Tifone', fino alle atmosfere oscure e ipnotiche di 'Cuore di tenebra'.

Ma non sfugge anche un riferimento al mondo mistico e soprannaturale della 'Ballata del vecchio marinaio' di Samuel Taylor Coleridge, che parla di colpa, di sofferenza e di redenzione umana.

Riportiamo tutto il testo perché ci sembra una bella storia, degna di un grande scrittore. Da leggere. E, ovviamente, da ascoltare.

 

"All hands on deck, we've run afloat!"

I heard the captain cry

"Explore the ship, replace the cook:

let no one leave alive!"

Across the straits, around the Horn:

how far can sailors fly?

A twisted path, our tortured course,

and no one left alive.

 

We sailed for parts unknown to man,

where ships come home to die

No lofty peak, nor fortress bold,

could match our captain's eye

Upon the seventh seasick day

we made our port of call

A sand so white, and sea so blue,

no mortal place at all.

 

We fired the gun, and burnt the mast,

and rowed from ship to shore

The captain cried, we sailors wept:

our tears were tears of joy

Now many moons and many Junes

have passed since we made land

A salty dog, this seaman's log:

your witness my own hand. 


 
>>> leggi la traduzione in italiano

Proposte di Ascolto (clic the pic)
 
kr-v1.jpgHomburg
 
kr-v2.jpg A Salty Dog
 

Autore : Stefano Sorrentino, Maggio 2023