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NEIL YOUNG
After The Gold Rush


Il primo ascolto non si scorda mai - 2.a puntata

Ogni Primo Ascolto ha una storia tutta particolare.
Dopo aver descritto, nella prima puntata di questa serie >> primo-ascolto-1 
il mio primo ascolto un po' deludente di 'The dark side of the moon' dei Pink Floyd, sto per raccontarvi un'esperienza di segno diametralmente opposto.
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'After the Gold Rush', terzo album solista di Neil Young, pubblicato nel 1970 non ebbe un riscontro del tutto positivo all'uscita. Alcune critiche furono poco entusiastiche se non addirittura negative. Nella sua recensione sulla rivista Rolling Stone, all'epoca della pubblicazione dell'album, il critico Langdon Winner usò parole al vetriolo per stigmatizzare la mediocrità delle canzoni e la loro inadeguatezza rispetto agli standard attesi per il cantautore canadese (per chi vuole approfondire, l'articolo si può trovare al seguente link
https://www.rollingstone.com/music/music-album-reviews/after-the-gold-rush-114467/.
Doveva essere il successivo album 'Harvest' a consacrare Neil Young come uno dei più importanti cantautori della storia del rock di tutti i tempi.
In seguito, grazie ad 'Harvest', Neil Young si fece conoscere anche al di fuori della schiera dei puri e semplici appassionati, e, trattandosi di un successo planetario, i piccoli negozianti di dischi iniziarono a proporlo nelle loro vetrine. E fu semplice trovarlo e comprarlo, anche nella cittadina della provincia genovese dove vivevo nel 1972, anno dell'uscita dell'album.
Dopo aver ascoltato e triturato 'Harvest', album che mi fece scoprire il fascino delicato e allo stesso tempo ruvido di Neil Young, era ovvio andare alla ricerca dei precedenti album dell'artista canadese. Ma non erano disponibili nei negozi di dischi locali. In particolare, c'era un disco mitico, a detta di tutti, ma impossibile da trovare. Dopo il successo di 'Harvest', infatti, le riviste specializzate avevano iniziato ad apprezzare 'After the Gold Rush', considerandolo addirittura un capolavoro superiore ad 'Harvest'. Ma le radio (LA radio, l'unica, la RAI) non lo trasmettevano. E “girava voce”, fra gli amici, che fosse meraviglioso, tutti ne avevano sentito parlare ma nessuno lo aveva mai visto né tanto meno ascoltato.
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Come sempre in quegli anni eroici, fu il negozio 'Ricordi' di Genova a salvarci: non ricordo se facemmo una spedizione apposita per andarlo a cercare oppure se fu trovato per caso, fatto sta che lo vedemmo nello scaffale e, dopo aver rigirato increduli fra le nostre giovani e impazienti mani quella copertina particolare, tutta in bianco e nero, lo comprammo. E finalmente entrai in possesso di 'After the Gold Rush'. Era il 1972 e avevo sedici anni.
La prima impressione di ascolto del disco fu un'esperienza sublime ed indimenticabile: confesso che ancora oggi dopo tanti (...ma tanti) anni, ascoltare l'attacco di chitarra acustica del primo brano 'Tell me why' mi commuove riportandomi alle stesse sensazioni di quell'epoca.

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Alcune canzoni come la title-track 'After the Gold Rush' e 'Southern Man' sono ormai entrate nell'immaginario collettivo, ma ascoltarle per la prima volta in assoluto fu scioccante: rimasi incantato dal falsetto estremo della prima (sembra che fosse, in alcuni passaggi, addirittura fuori dal range vocale del cantante) che parlava, per quel che poco che del testo riuscivo a capire senza le liriche sotto mano, di astronavi, di sole e di colori; della seconda mi colpirono le chitarre acide e la voce spezzata di Young che cantava un testo aggressivo e di denuncia contro il razzismo allora imperante nel sud degli Stati Uniti.
'Birds' era un sogno ad occhi aperti che parlava di un amore finito; 'Don't let it bring you down' una gemma che però avevo già ascoltato nella versione per sola voce e chitarra di '4 Way Street'.Alcuni pezzi, da me considerati “minori”, sono riuscito ad apprezzarli del tutto solo anni dopo: ad esempio, 'I Believe in You', che ancora oggi ascolto di continuo e che mi piace sempre di più.
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Aggiungo, concludendo, che fu pure un disco molto ben prodotto per quel che riguarda la tecnica di registrazione e molti lo considerano un capolavoro anche dal punto di vista della resa acustica: insomma, un disco … multifunzionale che potete anche usare come test audio del vostro impianto stereo, specialmente se riuscite a procurarvi una versione originale su vinile.
PS Le foto della copertina di questo disco furono per me oggetto di culto anche per il 'look' (ma all'epoca non si chiamava ancora così), come documentato nell'articolo su musica e moda negli anni 70 già pubblicato sul nostro sito >>
musica e moda negli anni 70.


Autore : Stefano Sorrentino, 15/02/2022