Ognuno
di noi ha ricordi particolari che si associano alla musica: ricordi di
sensazioni, di situazioni legati ad una certa canzone; un profumo che rivive
nel sentire un certo passaggio musicale; la memoria indelebile della prima
volta che hai ascoltato un certo disco.
Ci
sono dischi e dischi. E ci sono Primi Ascolti e Primi Ascolti.
Il
vero “Primo Ascolto” è quel momento, particolarmente frequente nel corso dell'adolescenza
e della prima giovinezza (più sfumato, fino a sparire, man mano che si
invecchia), è il momento, dicevo, in cui ti accorgi che la tua vita non sarà
più come prima, perché il tuo modo di vedere la realtà è cambiato per sempre.
Ovviamente,
in quel momento non sai se il disco che è appena uscito, e che stai ascoltando
per la prima volta, diventerà un successo planetario, se rimarrà scritto a
caratteri cubitali nella storia del rock'n'roll, oppure se si rivelerà la più
grande palata del millennio.
Certamente
il tuo giudizio conta, il disco ti può piacere molto, piacere così così o non
piacere affatto; ed è questo l'importante per te.
Ma
col senno di poi (molto “poi”, qualche decennio dopo), alcuni Primi Ascolti,
che all'epoca avevi vissuto con grande entusiasmo oppure come un'esperienza di
ordinaria amministrazione, ti possono comunque far dire: “Io c'ero!”.
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La
prima volta che ho ascoltato “THE DARK SIDE OF THE MOON” dei Pink Floyd, il
disco era appena appena uscito, era il 1973 e io avevo 17 anni.
Ne
avevo già ascoltato qualche pezzo per radio (per quel poco che l'unica radio
dell'epoca, la RAI, trasmetteva di musica per i giovani), ma per me quasi
l'intera totalità del disco era una novità assoluta e tutta da scoprire.
Sì,
avevo letto la recensione su qualche rivista (forse Ciao 2001), mi sembra di
ricordare che ne parlassero tutti bene, ma all'epoca i Pink Floyd non erano
ancora il fenomeno globale che sarebbero diventati da lì a poco, e poi, chi si
fida delle riviste.
Ricordo
purtroppo che il mio primo giudizio dopo l'ascolto non era stato esaltante: per
me, che ero all'epoca un ragazzino amante del 'prog' duro e puro, che avevo
ascoltato e consumato, in modo ossessivo e maniacale “Atom Heart Mother”,
questo album di “canzonette” (come le giudicavo allora) era una svolta al
ribasso nella discografia dei Pink Floyd e non mi aveva convinto del tutto.
Sono
gli inconvenienti del Primo Ascolto.
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In
quel momento non potevo certo immaginare
che questo disco leggendario sarebbe stato uno dei più venduti in assoluto nei
decenni successivi, oppure che un pezzo come “Us and Them” sarebbe stato
giudicato come una delle più belle canzoni del rock di tutti i tempi (e anche
una di quelle da collocare nella mia top ten personale, sempre col “senno di poi”),
oppure che il magico vocalizzo di “The Great Gig in the Sky” doveva diventare
uno dei passaggi musicali più emozionanti ed iconici di tutta la storia della
musica del Novecento e non solo.
Ma
quello che resta scolpito nella mia memoria è il momento in cui la puntina
della mia fonovaligia Philips per la prima volta si è appoggiata al vinile,
intanto che, per la prima volta, rigiravo fra le mani quella copertina nera,
lucida, con quella strana grafica, non ancora ben consapevole che quelle
canzoni, quel disco, quella copertina, quel gruppo, sarebbero diventati parte
integrante della cultura popolare dei successivi cinquant'anni (...e oltre).
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