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DRUM CIRCUS

"Magic Theatre"


L'album perduto e ritrovato del progressive svizzero

 

I Drum Circus sono stati un gruppo svizzero, formatosi nel 1971 e scioltosi nel 1972, che suonava un progressive rock, denso di contaminazioni di jazz e musica etnica, per la maggior parte indiana. La loro storia si incrocia con quella dei Brainticket, gruppo molto più famoso nella storia del rock, come vedremo nel corso dell'articolo.

La formazione dei Drum Circus era molto innovativa, grazie alla presenza di tre batteristi: Peter Giger era uno di questi. Ideatore e leader del gruppo, Giger è un talentuoso batterista svizzero, nato nel 1939 a Zurigo, stimatissimo in Svizzera e in Germania, titolare di una lunghissima ed onorata carriera, nell'ambito di svariati progetti di jazz e musica etnica. Con i Drum Circus fu il principale protagonista di un caso più unico che raro nella storia della discografia rock degli anni 70: nel 1971, la band incise il suo unico disco 'Magic Theatre' che nessuna casa discografica ebbe allora il coraggio di pubblicare perché ritenuto troppo strano e difficile da etichettare, Finalmente, nel 2003, il disco fu edito per la prima volta dalla Garden Of Delights, etichetta tedesca specializzata nel recupero e restauro di registrazioni semidimenticate del campo della musica rock progressive.

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Ma ecco come lo stesso Peter Giger, racconta l'avventura dei Drum Circus, nelle note di copertina del disco: “Il sogno di viaggiare attorno al mondo con la mia piccola tenda da circo, per portare la nostra musica alla gente, è finito da tempo. Il nome 'Drum Circus' derivava da quel sogno. Avevo avuto l'idea di di fondare una jazz band per percussioni nel periodo in cui facevo lunghe sessions notturne con due altri batteristi, entrambi provenienti da Ginevra. Era l'inverno del 1968, quando decisi di stare lì per qualche mese – stavo tornando da Parigi verso la mia città natale Berna. L'idea di fondare una simile band era qualcosa di cui non si era mai sentito prima, a quell'epoca. Stabilitomi di nuovo a Berna, nel 1970, mi trasferii in un appartamento condiviso da varie persone, dove già vivevano il mio amico Marc Hellman e Polo Hofer. Ci divertimmo molto in quel periodo, che fu anche molto di ispirazione. Frequentavamo il nostro bar preferito, punto di incontro di molti artisti e freak di Berna, dove ci si scambiavano idee e si tenevano discussioni. Era tutto possibile, allora: jazz moderno e free, rock, musica etnica, filosofia, religioni di tutte le parti del mondo, sessions e droghe. Si viveva in un periodo di nuove conquiste nel mondo occidentale, un periodo dove i giovani sentivano una grande libertà intellettuale e un notevole senso di liberazione. Riuscivo a sbarcare il lunario principalmente dando lezioni di musica e suonando con varie band di diverso genere. Inoltre, lavoravo sempre di più con il quartetto jazz 'Four For Jazz', appena formato con Heinz Bigler, Joe Haider e Isla Eckinger. Nello stesso tempo, la mia idea di un gruppo per batteristi diventava sempre più concreta, grazie ai contatti che avevo con le persone del mio appartamento. Marc ci aveva fatto conoscere il suo collega Joel Vandroogenbroeck che suonava nelle band 'Third Eclipse' e 'Barry Window & The Movement'. Al gruppo si unì anche la fidanzata di Joel Vandroogenbroeck, Carole Muriel. Da parte mia, portai due musicisti che suonavano con me, Gerd Dudek e Isla Eckinger. Dopo essere rimasto fortemente impressionato da una tematica del 'Libro Tibetano dei Morti', scrissi la suite 'Magic Theatre', oltre alla musica su due poesie di Timothy Leary. Marc, Alex e Joel si accreditarono una composizione ciascuno. Facevamo le prove a Berna e a Zurigo e abbiamo fatto un breve tour in Svizzera e Austria. In qualche modo, ebbi la possibiità di fare un disco con Horst Jankowski. Nella primavera del 1972, andammo per due giorni a Stoccarda, per fare le registrazioni nello studio di Horst Jankowski che esiste ancora oggi. Nonostante che lo stesso Horst ne fosse entusiasta, il disco non fu mai pubblicato. Poco prima della sua morte, egli mi consegnò i nastri originali delle nostre registrazioni”.

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Nel disco suonarono otto musicisti, per la maggior parte appartenenti alla scena jazz svizzero/tedesca: oltre a Giger, gli altri due batteristi erano gli svizzeri Marc Hellman ed Alex Bally; il jazzista tedesco Gerd Dudek (sax, flauto); il bassista jazz svizzero Isla Eckinger; il cantante rock svizzero Polo Hofer, molto amato in patria. Completavano la formazione il vulcanico multistrumentista belga Joel Vandroogenbroeck (che qui suona piano, sitar, flauto ed organo) e la cantante americana Carole Muriel, entrambi membri dei Brainticket e protagonisti del bellissimo album 'Celestial Ocean'), di cui abbiamo parlato nell'articolo in questo link >>> Brainticket

Siamo di solito avvezzi a sottolineare il grande e a volte spropositato appetito commerciale delle case discografiche. Nel caso dei Drum Circus si riscontra invece una loro latitanza nonché una scarsissima lungimiranza, poiché sulla scia del grande successo di 'Celestial Ocean' dei Brainticket, i produttori avrebbero potuto rispolverare il loro disco, inciso solo due anni prima, il quale, con una adeguata promozione, avrebbe sicuramente avuto una sua dignità e una sua storia, offrendo, a noi giovani e voraci amanti del progressive rock dell'epoca, un bel disco da ascoltare.
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Il disco infatti è bello, soprattutto la prima facciata, occupata interamente dalla lunga title track di 21 minuti, che contiene una infinità di dimensioni eterogenee: dal ritmo tribale per sole percussioni, ai passaggi di rock psichedelico che vedono come protagonista un organo distorto, fino alle atmosfere mistiche create dal flauto e dai suoi riverberi che sfociano in passaggi di vero free jazz. La musica cosmica dei più noti colleghi teutonici Popol Vuh non è del tutto assente, come non sono assenti alcune rarefatte ambientazioni create da sitar e voci ancestrali.  Le liriche, spesso recitate da voci femminili e maschili, sono ispirate dal “Libro tibetano dei morti”.

Joel Vandroogenbroeck ha messo a frutto questa esperienza nel comporre i brani del capolavoro dei suoi Brainticket 'Celestial Ocean', i richiami sono più che evidenti, in svariati passaggi di 'Magic Theatre'.

Nella seconda facciata, spicca la lunga ''Groove rock'', un ottimo brano con una struttura molto vicina alla fusion per quanto riguarda l'uso del basso e della batteria, ma che si lancia decisamente verso il free jazz con il lungo assolo di sax sopra alle complesse tessiture di organo Hammond.

Le liriche di 'La-Si-Do' e di 'All Things Pass' (bel brano free jazz in cui la voce e il pianoforte mettono in evidenza le proprie capacità virtuosistiche) sono state scritte da Timothy Leary, il mitico guru della cultura lisergica, lo scrittore e psicologo che in quegli anni si era rifugiato in Svizzera dopo essere evaso dalla prigione degli Stati Uniti dove era rinchiuso per possesso di marijuana.


In generale, ci sembra molto interessante e fruibile la commistione fra l'anima jazz e quella  psichedelica che avvicinano decisamente il disco dei Drum Circus anche alle migliori esperienze del progressive jazz-rock britannico dei primissimi anni 70 (come i Centipede, per citare il primo riferimento che ci viene in mente durante l'ascolto).

Proposte di Ascolto (clic the pic)
 
dc-v.jpg Drum Circus - Magic Theatre - 1971 - (Full Album)


Autore : Stefano Sorrentino, Aprile 2024