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JEFF BUCKLEY
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Una goccia pura in un oceano di rumore |
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GRACE There's the moon asking to stay Long enough for the clouds to fly me away Well it's my time coming now, I'm not afraid to die My fading voice sings of love, But she cries to the clicking of time Of time Wait in the fire... Wait in the fire... Wait in the fire... And she weeps on my arm Walking to the bright lights in sorrow Oh drink a bit of wine we both might go tomorrow Oh my love And the rain is falling and I believe My time has come It reminds me of the pain I might leave Leave behind Wait in the fire... Wait in the fire... Wait in the fire... And I feel them drown (*) my name So easy to know and forget with this kiss I'm not afraid to go but it goes so slow |
(*) drown |
Il
significato del verbo è 'affogare', ma In questo verso il suo senso è
coprire con altri suoni e altre voci le parole di una persona, non
facendole sentire.
Ma è emblematico il fatto che quello che viene coperto è proprio il
suono del suo nome, quasi a cancellare la sua identità. |
A
proposito del brano Jeff Buckley ha detto: «Parla
di non avere paura della morte. E anche di non avere paura della morte quando
hai conosciuto il vero amore. È la libertà di andarsene senza paura».
Per lui Grace era una
elegia: «Il raggiungimento di uno stato
di grazia attraverso l’amore di un’altra persona». |
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>>> leggi la traduzione in italiano |
La morte |
Nel febbraio 1997 Jeff si
era trasferito a Memphis per ultimare le registrazioni del suo secondo disco. Ma,
insoddisfatto di quanto fino a quel momento realizzato aveva infine liquidato
il produttore Tom Verlaine e, accantonando il tanto materiale fino a quel
momento inciso aveva richiamato i membri della sua band a Memphis, dando loro
appuntamento nello studio di registrazione il 29 Maggio. Quella sera durante il
viaggio verso lo studio chiese all’amico e collaboratore Keith Foti di fermarsi
vicino alla riva del Wolf River, un affluente del Missisipi, per un momento di
relax. La chitarra, uno stereo che suonava ‘Whole Lotta Love’, le luci della
città in lontananza. Jeff decise di immergersi nell’acqua così com’era, vestito
e con le scarpe. Canticchiando la canzone degli Zeppelin si allontanò un po'
dalla riva nuotando fino ai piloni della monorotaia sospesa. Mente tornava passò
un rimorchiatore che produsse forti ondate. Se ne accorse anche Foti dalla
riva, gridando all’amico di stare attento, poi si girò un attimo per mettere all’asciutto
chitarra e stereo. Quando si voltò Jeff non c’era più. Il corpo fu ritrovato
giorni dopo incagliato tra i tronchi sotto il ponte di Beale Street. Il
riconoscimento fu possibile tramite il piercing ombelicale. Gli esami autopici
esclusero il suicidio, l’uso di droghe o bevande alcooliche. In un comunicato ufficiale la madre disse:
«La morte di Jeff Buckley non è stata "misteriosa", legata a droghe,
alcool o suicidio. Abbiamo un rapporto della polizia, un referto del medico
legale e un testimone oculare, che provano che si è trattato di un annegamento
accidentale e che il sig. Buckley era in un ottimo stato mentale prima
dell'incidente.» Ma
come non pensare al testo di Grace. |
Biografia |
Nacque il 17 novembre 1966, figlio di Tim, uno dei più grandi e misconosciuti
cantautori americani degli anni 60/70. La sua vita fu
sicuramente segnata dal rapporto con il padre, anche perché praticamente fu da
questi ignorato.Tim abbandonò la moglie (Mary Guilbert, pianista e violoncellista classica
di origini panamensi) quando Jeff non era ancora nato. Jeff fu educato dalla
madre e dal patrigno: "Ho incontrato Tim soltanto una volta nella
mia vita, quando avevo otto anni. Non credo di dovergli molto. La mia
educazione musicale me la sono costruita da solo, con l’aiuto determinante di
mia madre, diplomata in pianoforte al Conservatorio, e del mio patrigno. Tutto
qui". E’ ovvio che Jeff abbia voluto prendere le distanze a più riprese da suo
padre "Il fatto che Tim Buckley sia mio padre non è affar mio. Non si
dedicava a me. Sono sicuro che ha aperto delle porte alla mia carriera, ma io
non le ho mai attraversate". Ed ancora “Quando qualcuno accenna a
lui mi allontano. Non l’ho mai conosciuto davvero e non frequento quelli che
l’hanno conosciuto. Siamo diversi. Per quanto mi riguarda, è un pensiero
claustrofobico che mi accompagna da tutta la vita, sebbene abbia trascorso con
lui un totale di nove giorni. Non mi ha mai scritto né telefonato”. Nonostante ciò la loro somiglianza è fortissima. Nelle fattezze, nel modo così intenso di cantare, spesso ad occhi chiusi. Ma
soprattutto nella voce, unico e vero dono che Tim ha dato a Jeff. Entrambi tra
i più grandi vocalist della storia della musica. E forse Jeff migliore del
padre, nella sua capacità di unire dolcezza e dolore, spaziando dalla melodia
classica all’atonlità più estrema. Un’altra cosa unisce purtroppo padre e figlio, la
morte precoce. Tim morì per overdose di eroina nel 1975 a 28 anni, Jeff per tragico
annegamento a 30 anni. |
La Voce |
Jeff era dotato di un’estensione
vocale fuori dall’ordinario. Versatile, capace di cambiare continuamente
registro, si muoveva tra sussurri, falsetti e urla con una grazia
e una naturalezza incredibili. Era cosciente del potere della sua voce: “Cantare mi ha sempre
portato in un’altra realtà. Ci sono qualità straordinarie che possono essere
raggiunte attraverso la musica”. E ancora: “La voce è il tramite
essenziale per arrivare in questo luogo straordinario. Proprio per questo
preferisco fare concerti, piuttosto che dischi. Come fanno i performer che amo
sopra tutti: Robert Johnson, Nina Simone, Patti Smith e Nusrat Fateh Ali Khan”. Una voce sublime, dall’angelico falsetto, ma al
contempo straziante e disperata, capace di dare corpo alle sue canzoni così
piene di misticismo,
mistero, dolore e romanticismo Per capire la straordinaria unicità delle sue capacità
vocali nella sezione ‘Proposte di Acolto’ ho messo il link a tre brani di altri
autori interpretati da Jeff che permettono il confronto con i rispettivi
esecutori. |
La Musica |
Buckley
non è stato solo uno straordinario vocalist ma anche un grande compositore, libero da qualsiasi schema, in grado di mescolare
elementi musicali diversi: da Leonard Cohen ai Led Zeppelin,
dalla musica devozionale Sufi del Pakistan di Nursrat Fateh Ali Khan al punk
rock, da Edith Piaf a Billie Holiday fino al grunge. Era un perfezionista alla continua ricerca di nuovi
suoni che studiava
per trasformarli e utilizzarli per esprimere il suo magico e misterioso mondo. |
Biografia artistica |
Esordisce
sul palco il 26 aprile 1991 alla St. Ann’s Church di Brooklyn in un concerto
organizzato dal promoter Hal Wilner in memoria proprio di suo padre Tim.
Accompagnato dal chitarrista Gary Lucas, Jeff Buckley interpreta I Never Asked to be Your Mountain,
un pezzo scritto da Tim Buckley proprio per sua madre e per lui neonato, poi
altri due pezzi folk e chiude con Once
I Was terminando il brano a cappella perché rompe la corda di
una chitarra. Una performance che impressiona tutti e lancia la carriera
musicale che aveva evitato per anni. «Non
erano le mie canzoni e non era la mia vita» ha detto Jeff Buckley,
«Ma mi dispiaceva non essere
stato al suo funerale e anche non avergli mai potuto dire nulla. Quel concerto
era un modo per rendergli omaggio». Poco
dopo inizia a cantare con la band Gods and Monsters insieme a Gary Lucas, si
trasferisce nel Lower East Side di Manhattan e dall’aprile del 1992 suona ogni
lunedì sera al Sin-è un piccolo locale irlandese a St. Mark’s Place, guadagnandosi
immediatamente una schiera di entusiastici fan. Ma anche l’attenzione delle
case discografiche, firmando dopo pochissimo tempo con la Columbia Records,
l’etichetta più prestigiosa d’America, quella di Bob Dylan e Bruce Springsteen. |
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Discografia |
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Live at Sin-é (1993)
E’ la prima pubblicazione ufficiale, un EP contenente 4 cover eseguite live nell’omonimo locale. Un disco per chitarra e voce, anzi VOCE e chitarra. E perdio che voce ! |
Grace (1994)
E’il
primo e unico album in studio, pubblicato negli Stati Uniti il 23 agosto 1994 e
considerato uno degli album più belli di tutti i tempi. Un album pieno di misticismo, mistero,
intensamente emotivo, spesso ritenuto uno dei dischi più belli di tutti i tempi. Grace fu immediatamente un grandissimo successo sia di critica che di pubblico, ricevendo anche apprezzamenti da musicisti celebri, tra cui Robert Plant e Jimmy Page, che definì Grace «il mio disco preferito del decennio», Bob Dylan, che definì Buckley «uno dei più grandi compositori del decennio» ed infine David Bowie che definì Grace come uno dei dieci dischi che avrebbe voluto portare con sé su un'isola deserta. Poco dopo la sua morte, Bono ebbe a dire «Jeff Buckley era una goccia pura in un oceano di rumore.» |
Sketches for My Sweetheart the Drunk (1997)
Il tema predominante dell'album è l'amore. Le tracce
dei due album sono infatti quasi tutte incentrate su questo tema, così caro a
Buckley e da lui trattato in maniera sempre anticonvenzionale. |
Proposte di Ascolto (clic the pic) |
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Grace (Grace) |
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The Way Young Lovers Do [Van Morrison] (Live at Sin-é, New York, NY - July/August 1993) |
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Hallelujah [Leonard Cohen] (Grace) |
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Back In N.Y.C. [Genesis] (Sketches for My Sweetheart the Drunk) |
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Autore : Giorgio Gotti, Febbraio 2024 |
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