Qual
è il vero simbolo, l’icona assoluta dei primi anni ’70? La
Fiat 500.
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Per me e per quasi tutti i miei amici è stata la prima
macchina, preferibilmente di colore bianco e rigorosamente usata. A diciotto
anni era il sogno, la chimera che veniva nell’elenco dei desideri giusto un
pelino.. sotto la figa. Simboleggiava la maggiore età, spartiacque tra chi era
diventato uomo, maggiorenne e chi invece era ancora ragazzo. Significava non
solo la libertà di andare ovunque ma anche un simbolo con cui fare colpo sulle
ragazze.
- Se oggi dovessi salirci accomodandomi nei sedili posteriori, avrei dei
problemi. Non tanto per il modificato girovita rispetto ai diciotto anni,
quanto per il terrore di sentirmi rinchiuso in una microscopica scatola di
sardine. Eppure ci si andava in giro in quattro, e molte volte anche di più. Ed
era anche la prima vera alcova, il luogo in cui amoreggiare, se non addirittura
fare sesso. (va bé a quell’età e con la conseguente esplosione ormonale tutto
era possibile). Per molti anni è stata il mezzo di trasporto per andare in
giro, ai concerti, fedele compagna di tante avventure e di tante giovanili
cazzate. Come ho accennato in “L’ evoluzione della specie” >>>> una
tra le tante mie avventure a bordo di una 500 è stata quella di distruggerla.
Con il mio amico Alfredo il 21 Marzo del 1973 andammo a vedere il
concerto dei Traffic a Bologna. Non possedevo una macchina quindi mi fu concesso
di utilizzare la 500 di mia mamma, che era il modello di lusso, la 500 L, (quella con le maniglie tipo valigia) del colore di moda allora, un gran giallo.
Ovviamente prendemmo la Via Emilia e a Modena caricammo una coppia di autostoppisti. Per ascoltare la musica in macchina avevo il mangiacassette
Philips della mia morosa che dopo aver parcheggiato mi premurai di nascondere
sotto il sedile. Finito il concerto, ricaricati la coppia di autostoppisti che
ci aveva aspettato, riprendemmo la via di casa sempre usando la Via Emilia. Ad
un certo punto, davanti alla Calzoni, mi ricordai del mangiacassette e mi
chinai per toglierlo da sotto il sedile. Giusto quei due secondi in cui la fila
davanti a me si era fermata al semaforo. Bang, con filotto delle 5 macchine
davanti. A parte l’autostoppista maschio che per il contraccolpo piantò i
denti nella nuca di Alfredo, fortunatamente nessuno si fece male. Spiegarlo a
mio padre fu poi tutt’altra faccenda.
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