Tanti anni fa, parlo
dei primi anni ’80, il mio sabato mattina era scandito da tre riti ben precisi, codificati
ed immancabili, che si svolgevano in tre luoghi che distavano tra loro un
centinaio di metri. E non si trattava solo di luoghi da frequentare ma anche di amici con cui trovarsi. La prima tappa era dal
Cero, alla Libreria Feltrinelli. La seconda era da Stefano alla Mistral Set.
Infine la mattinata si concludeva degnamente da
Pepen con uno "spaccaballe" piccante o un carrè con il "nasello" (cotechino e crauti) - o più spesso entrambi.
Le mie visite alla
Feltrinelli si svolgevano principalmente al piano superiore dove c’erano i
libri d’arte, di fotografia, di grafica, ecc. Non ricordo esattamente
l’anno, ma il libro di cui parlerò oggi attirò immediatamente la mia attenzione
e mi stupii della fortuna di averlo trovato prima di qualche altro attento
lettore.
Le opere dell’ingegno
umano, di qualsiasi campo si tratti, generano in me ammirazione. Ma alcune di
queste anche sana invidia perché, anche volendo, mi rendo conto che non sarei mai
potuto arrivare a tali livelli di creatività. I lavori di Bruce McCall
rientrano in questa categoria.
Per chi volesse
approfondire alla fine fornisco alcuni link.
Quello che preferisco
sottolineare è il suo stile intelligente e stravagante, "zany" ovvero bizzarro.
Le sue opere sembrerebbero
basate su una falsa nostalgia del passato, uno
stile definibile come “retrofuturistico”. Personalmente ritengo che oltre al
grande “sense of humour” vi sia una palese presa in giro che a volte è anche satira feroce del mito Americano,
delle sue esagerazioni e contraddizioni.
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