Primi
anni ’70. C’erano ancora le “Assemblee” studentesche. Frequentavo (con scarso
successo) il Liceo Scientifico G.Marconi. Le nostre assemblee si svolgevano al
mitico Cinema-Teatro Ducale. Durante una
di queste qualcuno fece un intervento contro tante cose, specialmente libertà
dei costumi, droga ed infine omosessualità. Finito l’intervento salì sul palco
un ragazzo, ricordo solo fosse alto, che prese la parola dicendo “Mi sono
sentito chiamare in causa..” Per quegli anni un tipo tostissimo. Ovviamente tra
noi giovani caproni, la frase divenne un tormentone.
L’aneddoto
è perché ultimamente mi è tornata alla mente un disco di Van Morrison. Vi sono alcuni gruppi/musicisti di
cui mi innamoro e quindi ne posseggo la discografia completa Uno di questi, e
forse il mio preferito è Van The Man. Prima o poi farò un articolo su di lui.
Mia figlia mi dice che sono prolisso e quando parliamo spesso stringe i pugni ad
indicare stringi, stringi. Giusto, è ora di giungere al dunque. Il disco di cui
voglio parlare è “Roll with the punches”. Leggendo i nomi di alcuni
partecipanti capirete il perché “mi sono sentito chiamare in causa”.
L’Album
in questione è stato il suo trentasettesimo; lo ha inciso a 72 anni nel 2017.
E’
composto da 15 brani, cinque dei quali sono firmati da lui ed i restanti 10
sono reinterpretazioni di classici e non del vasto repertorio del blues e rhythm’n’blues.
In
una intervista Van Morrison ha così spiegato questo omaggio al blues:
“Sono entrato in contatto con il blues quando
ero molto piccolo. La cosa che amo di questo genere è che non devi esaminarlo,
solo suonarlo. Non ho ma analizzato troppo la mia musica, la compongo e basta.
La musica deve essere solamente suonata ed è questo il modo in cui funziona il
blues, è un’attitudine. Sono stato fortunato ad incontrare i più grandi: John
Lee Hooker, Jimmy Witherspoon, Bo Diddley, Little Walter e Mose Allison. Li ho
frequentati e ho assorbito ciò che facevano. Erano persone senza un grosso ego
e mi hanno insegnato moltissimo”
Per
quest’incisione ha voluto con sé personaggi di grande talento come Georgie Fame,
Jeff Beck, Chris Farlowe, Paul Jones e Jason Rebello.
Ho
scritto quasi un romanzo, ma alla fine ecco svelato il mistero: l’articolo sui
Colosseum mi ha fatto venire in mente qualcosa e dopo lunghe meditazioni ecco: Chris Farlowe.. (ha ragione mia figlia)
Il titolo dell’album (rotola con i pugni) e la
copertina suggeriscono i pugni incassati, e potrebbero essere un riferimento
alle ultime traversie personali di Van (morte della madre, divorzio dalla
seconda moglie, etc…)
Non
è mio costume fare critica musicale, ma due parole due le devo spendere.
La produzione musicale di Van Morrison è stata spesso caratterizzata da un
mix di soul, blues, jazz. Quest’album, che in alcuni momenti mi ricorda la
freschezza del periodo dei Them è per me un fenomenale omaggio al blues,
interpretato con sincerità, quasi fosse una registrazioni live. Lunga vita al
Blues e a Van The Man. Se non lo avete ancora fatto, non vi resta che ascoltarlo.
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