PREMESSA
Con il loro
quinto album 'Atom Heart Mother', pubblicato nel 1970, i Pink Floyd
fecero il salto di qualità della loro carriera, raggiungendo per la prima volta
il primo posto nella classifica dei dischi più venduti in Gran Bretagna e
diventando 'Disco d'oro' negli Stati Uniti, inanellando così una serie notevole
di successi, in tutta Europa e in Italia, dove raggiunse il posto n.5 nella
nostra Hit Parade dei 33 giri.
Eppure, l'album
non nacque sotto i migliori auspici: la band si impantanò durante la
composizione della 'title track', una lunga suite strumentale che avrebbe
dovuto riempire tutta la prima facciata.
Per la seconda
facciata, avevano già pronte tre belle canzoni: 'If', 'Summer '68' e 'Fat Old
Sun', composte rispettivamente da Roger Waters, Richard Wright e David Gilmour.
Per completare la seconda facciata del disco, fu aggiunto un bel riempitivo:
una mini suite di circa 13 minuti, 'Alan's Psychedelic Breakfast', piacevole,
simpatico e innocuo divertissement strumentale che costituisce la
colonna sonora, in tre tempi, della prima colazione di Alan, uno dei tecnici
della band, con tanto di sfrigolio di uova e bacon e altri interessanti effetti
sonori mangerecci.
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GENESI E
REALIZZAZIONE
'Atom Heart
Mother' raggiunse il successo planetario, di cui si diceva all'inizio, solo
grazie all'omonima suite, presente sulla facciata A del disco, che ebbe una
genesi travagliata. Durante alcune sessioni di prove, negli studi EMI (che
successivamente si sarebbero chiamati Abbey Road, i famosi studi dei Beatles),
la band incise una serie di brani che iniziavano ad avere forma compiuta e un
filo conduttore, in particolare quella progressione di accordi che avrebbe
caratterizzato tutto l'andamento della suite. Ma la band non era soddisfatta, i
quattro musicisti pensavano che il risultato ottenuto non avesse il mordente
necessario. Per cui ingaggiarono Ron Geesin, musicista e compositore
britannico, che aveva già lavorato in precedenza con Roger Waters, e gli
chiesero di comporre un arrangiamento orchestrale che potesse dare uniformità e
spessore ai brani composti.
Così i Pink
Floyd consegnarono a Geesin tutto il materiale registrato fino a quel momento,
e, nel marzo del 1970, volarono negli Stati Uniti, per un tour già programmato.
Ron Geesin ebbe
carta bianca per il suo arrangiamento, compose le parti prevedendo il
coinvolgimento di un ensemble di 10 ottoni, di 20 elementi del coro (diretto da
John Aldiss) e di un violoncello, per il tema principale. Non aveva avuto
indicazioni da parte dei membri della band, per cui seguì in parte la struttura
armonica dei brani già registrati dai Pink Floyd, ma in gran parte creò
un'opera completamente nuova, lasciando talvolta la musica della band al ruolo
di semplice accompagnamento.
A giugno
l'arrangiamento era completato ed iniziarono le registrazioni con l'orchestra,
il coro e la band. Sorsero vari problemi: nessuno dei Pink Floyd sapeva leggere
la musica, ad eccezione dell'organista Richard Wright, per cui ci furono
parecchi disguidi ed incomprensioni in fase di registrazione; il tutto fu
complicato dal fatto che la casa discografica EMI aveva messo a disposizione
della produzione una nuovissima apparecchiatura a 8 tracce la cui funzionalità
era poco conosciuta dai tecnici e dai membri della band (si narra ad esempio
che, ad un certo punto, il batterista Nick Mason avesse premuto il tasto di
registrazione nel momento sbagliato per cui la registrazione del coro
risulterebbe, nel mix finale, sfasata di una battuta). C'era grande confusione
all'interno dello studio e la numerosità dei partecipanti non fu certo di
aiuto: alla fine, i Pink Floyd non si ritennero soddisfatti del risultato
raggiunto e per anni rinnegarono quella loro opera.
Ma, a parte gli
straordinari risultati di vendita e nonostante siano trascorsi più di
cinquant'anni, la suite 'Atom Heart Mother' resta un capolavoro, e rappresenta
il punto più alto della creatività dei Pink Floyd. Il principale artefice di
questo successo fu, per la verità, l'arrangiatore Ron Geesin, il cui talento
diede vita ad un'opera che coniugava blues e musica d'avanguardia del
novecento, rock e musica classica. Diversamente da altre opere del periodo in
cui le rock band si appoggiavano ai contributi di orchestre sinfoniche, Atom
Heart Mother rappresenta un momento unico, in cui l'orchestra svolge quasi
sempre il ruolo principale e la rock band fa spesso da accompagnamento. Senza
nulla togliere, ovviamente, ai Pink Floyd che ebbero l'intuizione giusta e che
impostarono la composizione con il loro stile ben preciso e con la loro
maestria strumentale e compositiva.
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TITOLO E
COPERTINA
Come raccontato
fin qui, molte delle scelte relative alla produzione del disco furono dettate
da incertezze e da circostanze occasionali. Il titolo e la copertina dell'album
subirono sorte analoga. A partire dal titolo, molto dibattuto all'interno della
band e, alla fine, nato per puro caso: inizialmente il disco doveva chiamarsi
'The Amazing Pudding', ma essendo un titolo davvero poco evocativo non
convinceva nessuno. Per combinazione, un giorno il bassista Roger Waters lesse
un articolo di giornale che parlava di una donna
incinta alla quale era stato impiantato un pacemaker sperimentale: e così
nacque il titolo definitivo, 'Atom Heart Mother', la 'Madre dal Cuore Atomico'.
Anche
i titoli dei sei movimenti della suite furono scelti casualmente, talvolta con
ironico riferimento alla copertina ('Breast Milky' ovvero 'Mammella Lattea',
'Funky Dung' ovvero 'Funky Letame').
Riguardo
la copertina, possiamo dire che fu di sicuro dirompente all'epoca: la foto a
colori di una mucca in primo piano su un prato, altre mucche sul retro, nessun
riferimento né al nome della band né al titolo dell'album. Lo studio grafico
'Hipgnosis', che aveva già lavorato per i Pink Floyd in album precedenti, fece
una prima proposta che non venne accettata. Quando presentò la proposta
alternativa, una bozza con la foto di una mucca, che piacque molto alla band, i
dirigenti della casa discografica EMI domandarono loro se fossero per caso
impazziti con una idea del genere, che avrebbe potuto distruggere l'immagine
della compagnia. Ma la storia racconta che non provocò i danni temuti, anzi. La
povera mucca ritratta sulla copertina divenne l'immagine mitica di un grande
album e negli anni a venire una delle icone rappresentative dei Pink Floyd e
del progressive rock.
Per
realizzare le foto Thorgensen (uno dei fondatori dello studio Hipgnosis) si recò nella campagna a nord di Londra;
la mucca immortalata era un esemplare di razza frisona di nome
Lulubelle III appartenente all'allevamento di un certo Arthur Clalke il
quale in seguito proverà (invano) a chiedere le..royalties.
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L'OPERA
'Atom Heart
Mother' è un brano strumentale, eseguito da un ensemble di 10 ottoni (3 trombe,
3 corni, 2 tromboni, 1 tuba e 1 trombone basso), violoncello, coro composto da
20 voci femminili e maschili, e dai quattro elementi della band che suonano
chitarra elettrica, basso elettrico, tastiere (organo Hammond, Mellotron,
pianoforte) e batteria; vengono utilizzati anche svariati effetti speciali che
determinano in alcuni casi la transizione fra i vari movimenti della suite
(rombo di motocicletta, sferragliare di treno, …).
Si tratta di
un'opera che possiede le caratteristiche e i formalismi di un brano sinfonico e
che ha assunto una propria dignità interpretativa, entrando a far parte del
repertorio di orchestre e ensemble di teatri e conservatori di tutto il mondo.
La suite è
composta da sei movimenti che si susseguono senza soluzione di continuità, per
una durata totale di poco meno di 24 minuti.
Si inizia con
l'epica ouverture di 'Father's Shout', tutta incentrata sul
gruppo di ottoni, accompagnati dalla band, in cui rumori di esplosioni, di
cavalli al galoppo e il rombo di una motocicletta che si allontana ci conducono
al tema principale, potente e solenne, composto da David Gilmour per un
suo film western “immaginario”, alla maniera di Morricone.
Nel secondo
movimento, 'Breast Milky', troviamo il celebre dialogo fra gli arpeggi
dell'organo, il violoncello che esegue il motivo dominante, semplice ed
espressivo, e la linea di basso molto in evidenza. Al violoncello si alterna la
chitarra elettrica che si produce in uno splendido assolo con il bottleneck,
prima lento e rilassato e poi con un timbro più aggressivo, con effetto overdrive.
Con 'Mother
Fore', terzo movimento, entra in scena il coro che alterna e mescola voci
maschili e femminili, in lunghi vocalizzi, anche onomatopeici e percussivi, la
cui polifonia arriva fino a quattro diverse linee melodiche in contemporanea,
mentre organo e basso eseguono un ostinato su due soli accordi. Il clima che si
crea è affascinante, dapprima in una atmosfera statica che man mano si
esaspera, con l'aiuto del ritmo incalzante di basso e batteria, ed esplode
drammaticamente fino alla distensione finale.
Il quarto
movimento, 'Funky Dung', è il più iconico della suite ed è quello che
maggiormente la caratterizza: sulla base ritmica dell'organo Hammond, che suona
un giro di due semplici accordi, glissati e in registro percussivo, e un riff
di basso molto in evidenza, la chitarra esegue uno splendido assolo sulla scala
blues. Poi, quando il brano inizia a sfilacciarsi, entra, a fare da collante,
una nota continua di strings e successivamente di brass, entrambe
suonate dal mellotron. e ritorna il coro, in una performance del tutto
innovativa, se si guarda al contesto della scena rock dell'epoca: i 20 coristi
vengono chiamati ad eseguire una serie di frasi, versi fonetici inventati che
richiamano talvolta la struttura idiomatica di linguaggi nativi, in un
caleidoscopio di suoni inediti che si alternano ai contrappunti blues di
pianoforte e organo, fino alla travolgente impennata lirica che conduce al
ritorno degli ottoni e del tema assertivo del primo movimento.
Improvvisamente,
la tonalità viene abbandonata: il quinto movimento, 'Mind Your Throats
Please', il più sperimentale, è una ripresa delle sonorità psichedeliche e
rumoristiche tipiche dei Pink Floyd, soprattutto degli esordi; la base ritmica
è costituita dall'improvvisazione di una tastiera (organo e/o mellotron)
suonata a 'cluster', cioè con la mano a dita unite, che fornisce il legame per
una sequenza di svariati effetti sonori e vocali, fra cui una locomotiva
sferragliante, fino al caos finale quando il grido, urlato al megafono, rimette
tutte le cose al loro posto: 'SILENCE IN THE STUDIO'.
E con 'Remergence',
sesto ed ultimo movimento, torna la tonalità: il tema principale viene ripreso
dai fiati, coralmente con tutta la band, fino al passaggio che porta
all'epilogo; il violoncello riesegue la
melodia del secondo movimento sul tessuto dell'arpeggio di organo, seguita
dalla doppia e parallela improvvisazione di chitarra slide.
Nel maestoso
finale, si aggiungono alla band i fiati e i cori con tutta la loro potenza:
attraverso una serie di modulazioni sul tema principale, tutti insieme
raggiungono l'acme, si dissolvono momentaneamente per ritrovarsi, all'unisono,
nell'ultimo luminoso accordo di Mi maggiore.
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