|
|||||||
BOB MARLEYSan Siro, 27 giugnio 1980 |
|||||||
|
|||||||
Quanti ricordi |
|||||||
Come già successo i ricordi di Roberto stimolano i miei Fine anni ’70 e primi anni ’80. In quel periodo una delle musiche più seguite era il reggae.. A me non piaceva. Ma il concerto a San Siro era l’evento dell’anno e non vi si poteva mancare. Feci bene ad andarci, non tanto per l’esperienza musicale, quanto per i ricordi che mi rimangono. Ci andai con il mio amico Enrico col quale in quegli anni ho condiviso concerti memorabili. Lavoro, mogli, figli e il tempo ci hanno poi allontanati (forse reincontrandoci non ci riconosceremmo) ma conservo bellissimi ricordi di quegli anni. Non c’ero mai andato prima, né ci tornai, ma mi colpì molto San Siro. alta, stretta, incombente sul prato. Pensai quale timore reverenziale dovesse incutere ai giocatori che si dovevano sentire come controllati, sovrastati da migliaia di persone. Noi andammo negli spalti, su su in alto. A parte vagamente Pino Daniele, delle esibizioni dei gruppi di supporto non ricordo nulla. Inizia il concerto di Bob Marley. Di qui un susseguirsi di avvenimenti da raccontare (edulcorati) ai posteri, seduti sulla sedia a dondolo davanti al camino col plaid sulle ginocchia.. |
|||||||
Primo aneddoto: Per fortuna che allora non c’erano le centraline per rilevare l’inquinamento. San Siro era una grande nuvola, un gigantesco spinello che potevi vedere innalzarsi verso il cielo di Milano. Anche se tu non avessi fumato, l’effetto era simile. | |||||||
Secondo aneddoto: probabilmente a metà concerto Marley esegue “Jamming”. Premesso che questo era l’unico pezzo che mi piaceva veramente, lo seguo con trasporto. Mentre come tutto lo stadio ballo, noto che i due ragazzi nella gradinata sotto di me parlottano concitati. Incuriosito porgo l’orecchio e li sento dire “ti sei accorto che lo stadio balla ?” dice uno. “Si, è vero” risponde l’altro. Mi immobilizzo, come una biblica statua di sale. Lo stadio balla, balla davvero!! Lo stadio ondeggia da sinistra a destra. Sembra di essere in mezzo ad una scossa sismica. Se balli non te ne accorgi, fai parte del movimento, ma se stai fermo non è piacevole. Dico ad Enrico: “Lo stadio balla!!”. Enrico grande spinellatore e filosofo di vita dà una tirata al cannone che aveva da poco rollato e acceso e mi dice: “Elora? Mo bala anca tì, no?”. | |||||||
Sagge parole, grande saggezza. Purtroppo, come tanti altri
consigli ricevuti nella vita non lo seguo. Ho un attimo di indecisione se
scegliere tra il meraviglioso spinellone di Enrico o scappare. Prevale la
fifa e scappo a perdifiato giù dalle rampe dello stadio ed approdo nel prato. A mia discolpa devo dire che non me ne ero accorto solo io. Infatti terminata “Jamming” lo spettacolo si ferma per qualche istante e poi riprende con Marley che esegue un pezzo calmissimo con la sola chitarra. Chissà com’era l’effetto dell’ondeggiamento visto dal basso. |
|||||||
Terzo aneddoto: Il prato è ovviamente pieno. Mentre cerco di avanzare verso il palco sento uno che dice “ma che schifo!”. Mi fermo incuriosito e mi guardo intorno. Davanti a me ci sono due stangone bionde, aspetto e fisico da modelle nordiche, che si limonano, anzi si slinguazzano furiosamente. Devo dire che visto così, inaspettato e insolito, mi colpì. Ma non mi fece certo schifo. | |||||||
Quarto aneddoto: Qui
mi andò bene. Finito il concerto, l’uscita dal prato avveniva da un solo paio di
porte laterali. Ho passato 10 minuti terribili quando, in mezzo alla strettoia,
accalcato con centinaia di persone cercavo di uscire. La sola speranza era di
non cadere. Lì ho capito che la fretta e l’ignoranza di pochi generano i
drammi. Quinto aneddoto: Il treno 1: Mi rincontro con Enrico e per tornare riprendiamo il primo treno disponibile per Parma. Noi come altre centinaia di persone in direzione sud. Il vagone su cui saliamo è a dir poco stracolmo. Troviamo posto vicino all’uscita. Ad un certo punto sbuca un uomo, dall’abbigliamento e dalla valigetta una persona “seria”, forse un pendolare. Si guarda intorno, smarrito, allibito. Mi chiede: “ma cos’è successo?” Saranno stati gli effluvi della nuvola di San Siro ma non trovo di meglio che rispondergli “è scoppiata la guerra, ci hanno richiamati alle armi”. Beata ignoranza. Non disse niente ma ricordo la sua faccia. Mi è sempre rimasto il dubbio di come avrei reagito io, quando, anni dopo vestito da persona seria e con la valigetta, un deficiente mi avesse risposto così. Sesto aneddoto: Il treno 2: In fondo al vagone, di fronte a me, appoggiato con la schiena contro la porta d’uscita c’era un tipo. Mi pare non parlasse italiano. Capelli lunghi, sembianze da frikettone. Se ne sta lì, tranquillo. sonnecchiando come tutti. Ad un certo punto con il treno in corsa, prende la maniglia sopra la sua testa, apre la porta del treno, vomita fuori, richiude e si riappisola. Il tutto senza spostarsi dalla sua posizione né proferire parola. No, non era italiano. Conclusioni: La sera del 27 giugno 1980 con Bob Marley 80mila persone ballando, cantando e fumando celebrarono la fine di un’epoca, la fine degli anni Settanta, sancendo il passaggio dall’era “dell’impegno” agli anni “del riflusso”. Bob Marley morì in un ospedale di Miami undici mesi dopo, l’11 maggio 1981. Quaranta anni dopo, esserci stati ne è valsa la pena. |
|||||||
|
|||||||
Autore : Giorgio Gotti, 16/11/2020 |
|||||||
|
|||||||