Oggi la chiameremmo 'graphic novel', termine di moda che
ha sostituito (e ampliato) il concetto di 'romanzo a fumetti'. Si tratta infatti di una narrazione per immagini, con
l'aggiunta di brevi didascalie, come nella migliore tradizione della 'graphic
novel'. Ma stiamo parlando di un'opera pubblicata quasi un secolo fa, ed è
pertanto evidente come si tratti di un'operazione decisamente all'avanguardia
per i suoi tempi.
Nel 1934, Max Ernst, artista, pittore, scultore, già noto
all'epoca come uno dei principali esponenti del movimento “surrealista” (a cui
aderirono pittori del calibro di Dalì, Magritte, De Chirico, per citarne solo
alcuni), dà alle stampe, in sole mille copie, presso una piccola casa editrice
parigina, un'opera considerata un capolavoro assoluto di un nuovo genere,
denominato 'libro collage', che l'artista aveva già inaugurato nel 1929 con 'La
femme 100 têtes'.
L'opera, intitolata 'Una Settimana di Bontà o I sette
elementi capitali', viene concepita come un romanzo e proposta in cinque
volumi separati. Ogni singolo volume si riferisce ad un giorno della settimana,
a partire dalla domenica, fino al quinto volume che include giovedì, venerdì e
sabato. Ad ogni giorno della settimana è associato un elemento naturale: fango,
acqua, fuoco, sangue e altri.
L'artista parte da opere scientifiche, enciclopedie
mediche, cataloghi illustrati, libri
di stampe vittoriane e riviste di feuilleton di fine 800 (sembra che la
principale fonte fosse un tomo di stampe, acquistato a Milano, di Gustave Dorè,
famoso illustratore di grandi opere classiche come la Divina Commedia) e
applica la tecnica del collage inserendo su una singola tavola, a colpi di
forbici e colla, pochi elementi estranei che ne stravolgono il significato: il
risultato è una nuova immagine che racconta una storia completamente diversa
dall'originale.
Il bianco e nero contribuisce a creare una atmosfera cupa in tutta l'opera:
non dimentichiamo che Max Ernst, nato nel 1891 in Germania, vedeva in quegli
anni la violenta ascesa al potere dei nazisti che iniziavano una sistematica
condanna dell'opera dei maggiori artisti contemporanei, fra cui anche la sua
stessa opera. E non deve meravigliare pertanto il clima di orrore che emana da
questi collages.
Impossibile seguire un filo logico o un nesso letterale
fra le didascalie e le immagini: la poetica del surrealismo, a cui Ernst aveva
aderito fin dall'inizio e di cui applicava in modo estremo i concetti, non
fornisce all'osservatore spazi confortevoli per la sua visione. L'abbinamento
con frasi decontestualizzate e l'inserimento di oggetti o figure del tutto
fuori luogo in immagini di ordinaria vita quotidiana di famiglie tipicamente
borghesi provoca nello spettatore una reazione di rifiuto e una sensazione
perturbante di deviazione dal senso comune. Molto spesso le immagini si
associano ad un esplicito erotismo, che pervade tutta l'opera e che spesso
riporta ad un diffuso senso di morte e disfacimento, accompagnato da visioni
fosche di particolari anatomici o di esseri bestiali.
Viene superato il concetto di piacevolezza: la fruizione
deve avvenire lasciandosi trasportare dai richiami inconsci che le immagini,
con le poche didascalie associate, suggeriscono. L'esaltazione del caos e del
caso, elementi strutturali della poetica surrealista, è l'unico, sotterraneo,
fattore comune a tutte le tavole, ognuna delle quali potrebbe avere vita
propria al di fuori del contesto di questo “romanzo”, a cui appartiene.
Si tratta, per concludere, di un'opera complessa e
corposa (più di 200 pagine): i suoi diversi livelli di lettura e di
interpretazione ne decretano l'universalità e soprattutto la dimensione di
opera eterna, al di sopra delle mode e delle vicende contingenti.
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Max Ernst (2 aprile 1891 - 1 aprile 1976) è
stato un pittore, scultore, incisore, grafico e poeta tedesco (naturalizzato
americano nel 1948 e francese nel 1958). Artista prolifico e poliedrico, Ernst
è stato uno dei pionieri del movimento Dada e del Surrealismo in Europa. Pur
non avendo una formazione artistica di tipo accademico (aveva frequentato per
qualche anno i corsi di filosofia all'università di Bonn), il suo atteggiamento
sperimentale nei confronti della creazione artistica lo ha portato
all'invenzione di nuove tecniche, fra cui il frottage, una tecnica che
utilizza lo sfregamento a matita di oggetti strutturati e superfici in rilievo
per creare immagini, e il grattage, una tecnica analoga in cui la
vernice viene raschiata attraverso la tela per rivelare le impronte degli
oggetti posti sotto. Ernst è noto per i suoi metodi di disegno non
convenzionali e per la creazione di romanzi e opuscoli utilizzando il metodo
dei collage. Ha servito come soldato per quattro anni durante la prima guerra
mondiale e questa esperienza lo ha lasciato traumatizzato e critico nei
confronti del mondo. Durante la seconda guerra mondiale fu designato come
"straniero indesiderabile" mentre viveva in Francia.
Fu sposato due volte: la prima volta con
Peggy Guggenheim, gallerista e mecenate, titolare di una delle più importanti
collezioni d'arte moderna a New York e a Venezia. La seconda moglie fu Dorothea
Tanning, pittrice, poetessa e scrittrice statunitense.
Sono molteplici le sue collaborazioni con
importanti personaggi del mondo dell'arte: fra questi ricordiamo lo scrittore
Andrè Breton, principale teorico del surrealismo, il poeta Paul Éluard, nonchè il pittore Salvador Dalì e il regista Luis Buñuel (con questi ultimi partecipò alla produzione del
film di Buñuel 'L'age d'or' nel 1930). Vinse il primo premio alla Biennale di Venezia del 1954.
Max Ernst morì a Parigi il 1 aprile 1976.
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