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THE PROG SIDE OF THE ROCK PREMESSA
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Nella seconda metà
degli anni ’60 il mondo occidentale fu attraversato da grandi sconvolgimenti
sociali, politici e culturali che produssero un sostanziale cambiamento nella
mentalità della gente, specialmente dei giovani. Alcuni protagonisti furono Carnaby
Street, il Maggio Francese, i Beatles, il Flower Power Hyppie della West Coast
e Woodstock. Al centro di tutto la musica, dapprima il Beat e poi il Rock. Una
gigantesca e forse mai vista prima esplosione di creatività. Nel 1970 gli
assoluti dominatori del panorama musicale, i Beatles, si sciolsero. Libera da
questo incombente Moloc esplose allora la creatività della musica britannica, esplorando
ogni direzione possibile. Fu una musica che, facendo sua la strada sperimentale
indicata da “Sgt. Peppers”, ruppe definitivamente con i canoni del Rock&Roll,
con le canzoni d’amore da tre accordi e tre minuti, dai facili ritornelli buoni
per scalare le hit-parade con i 45 giri. Già il Rock&Roll era
diventato adulto perdendo il termine “Roll”: d’ora in poi sarà semplicemente
“Rock”. Ad ottobre 1969 esce “In the court of the Crimson King”. Per comodità
possiamo fissare in tale data la nascita del “Progressive Rock”, termine
utilizzato per definire un diverso approccio alla musica. Il Progressive è stato
un fenomeno assolutamente multiforme, dalle infinite declinazioni e stili che
vanno dalla musica sinfonica all’elettronica. Il tutto riunito in un nuovo modo
di fare musica, che può essere
riassunto in tre concetti: la suite, più tastiere e meno chitarre, testi
impegnati. Innanzitutto una
diversa struttura dei brani più estesi ed articolati, spesso in forma di suite.
Abbondano le contaminazioni con il jazz, la musica classica, utilizzando tempi
dispari, scale modali, parti vocali multiple. Anche la strumentazione si apre a
nuovi elementi come violino, oboe, fagotto. Si utilizzano nuove tastiere
elettroniche, il moog, il sintetizzatore e soprattutto lo strumento più
importante del prog, il mellotron. Contrariamente al passato i brani sono
scritti direttamente dai musicisti stessi. I testi privilegiavano i contenuti
rispetto ai ritornelli, quasi poesie, a volte incomprensibili. Spesso le opere
sono “concept album” in cui i vari brani sono legati tra loro da una storia
come in un libro (grazie Tommy..). Il Prog produsse anche
due effetti secondari ma non meno importanti nell’ambito musicale. Questa
musica non poteva essere contenuta in un 45, necessitava obbligatoriamente di
un 33 giri e ciò sancì la definitiva affermazione di tale supporto, definiti
proprio perché raccontavano una storia con musica, testo ed immagini “Album”. Inoltre
era musica per gruppi, non per un solista. Infine grazie a questa
esplosione di creatività anche la produzione delle copertine ebbe un enorme
salto di qualità e si può dire abbia creato la rock art. Si affermano grandi
artisti come Roger Dean, Paul Whitehead, Storm Thorgerson, Marcus Keef. Da un punto di vista
temporale si può datare il fenomeno tra il 1969 ed il 1977, quando arrivarono i
Sex Pistol con la loro famosa maglietta “I hate Pink Floyd”. Geograficamente
parlando è un fenomeno prettamente inglese suddiviso a sua volta in due grandi
filoni: i gruppi “prog” canonici e quelli appartenenti alla cosiddetta “scuola
di Canterbury” con i suoi vari filoni.. Ebbe seguito in vari
paesi europei, specialmente in Germania con la “Kosmische Musik“. Ha avuto anche un importante ricaduta in Italia, dove il prog è il momento più felice della altrimenti nostra misera storia rock. Stranamente, a parte rarissimi casi, il germe del prog non ha fatto breccia in America. Il “Rock&Roll” degli anni 50 fu musica per il corpo. Il
“Rock Psichedelico” degli anni 60 fu musica per liberare la mente. Il “Rock
Progressivo” degli anni 70 fu la musica per la crescita della mente. Poi arrivò
il Punk e come spesso accade, riportò indietro le lancette dell’orologio, ai
semplici tre accordi del Rock & Roll. Ma questa, come si suol dire, è
un’altra storia. |
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Autore : Giorgio Gotti |