he0r.jpghe6e.jpg he2a.jpg he3.jpg ritorno alla sezione hen2.jpg hen1.jpg he1.jpg

JOHN SHEPHERD

E LA MUSICA DELLO SPAZIO


Esistono storie che non esistono. Ci sono personaggi che non ci sono. Il continuo e casuale movimento di miliardi di persone sulla Terra produce alcune, pochissime vite di uomini e donne dedicate in gran parte a un’idea purissima di arte e di comunicazione di cui nessuno o quasi sentirà mai parlare.

Prendete il musicofilo più incallito ed enciclopedico che conoscete e fategli una sola, semplicissima domanda: “Conosci John Shepherd?”; con ogni probabilità la reazione del malcapitato sarà una leggera strizzata degli occhi e niente di più preciso di un “Mah, l’ho sentito nominare”. Eppure John ha rischiato (e forse rischia tuttora) di essere ricordato come una figura decisiva per la musica popolare, colui il quale ha portato la musica moderna oltre i confini della Terra.
JS1.jpg

John Shepherd nasce in un minuscolo villaggio rurale nella parte settentrionale del Michigan. Da subito deve affrontare non poche difficoltà, con il padre che se ne va da casa quando John è ancora piccolo. Non trova comprensione e conforto nemmeno nella mamma che curiosamente (a breve capiremo il perchè) arriva addirittura a percepire come una aliena. La sua storia intenerisce la nonna che decide di prenderlo con sè e il marito e crescerlo come un figlio. Tra i dodici e i quattordici anni John scopre di avere con i coetanei molte più differenze che punti in comune fino alla consapevolezza di essere gay.

Da lì a rinchiudersi in casa dei nonni in mezzo alle nevi del Michigan il passo è breve. Proprio in casa inizia e si diffonde rapidamente in lui quella che sarà un’ossessione di una vita: mettersi in contatto con gli alieni.

Forse sottovalutando la portata del fuoco che gli brucia dentro, è il nonno che incoraggia John nei suoi primi passi verso quella che considera una specie di missione, con i primi acquisti di antenne e strumentazioni di recupero per provare l’impossibile: trasmettere o ricevere qualche segnale agli o dagli alieni. L’idea di John è quella di mettersi in contatto attraverso quello che da sempre è il linguaggio considerato più universale: la musica; ma, e qui John è più che mai rigoroso, non la musica commerciale trasmessa solitamente nelle radio ma quella che secondo lui ha già in sè l’universalità necessaria per venire a capo di un progetto tanto ambizioso, quindi il jazz, la musica elettronica, i Kraftwerk, i Tangerine Dream, gli Harmonia, la musica africana, quella orientale, il reggae, l’afrobeat e, chicca delle chicche, la gamelan, la musica tradizionale indonesiana.

Il progetto diventa sempre più ingombrante, sia a livello economico che a livello di spazi; se per il primo aspetto il nostro se la cava con materiali militari di scarto, strumenti trovati nei vari mercatini e soprattutto progettando egli stesso diversi impianti, per il secondo le strumentazioni si fanno sempre più largo nella casa dei nonni: occupano prima l’intera stanza da letto di John, poi gran parte del salotto fino alla necessità di costruire una dependance da adibire a studio.

JS2.jpg

John inaugura il progetto STRAT, un acronimo che sta per Special Telemetry Research and Tracking e quello di Shepherd diventa qualcosa di sempre più simile a un lavoro: ogni giorno si mette davanti a un microfono e mette insieme quella che potremmo assimilare a una lunghissima diretta radiofonica, da sparare però, grazie a uno speciale trasmettitore nel giardino dei nonni alto circa due piani, a circa un milione di chilometri, più o meno due volte la distanza dalla luna. Si stima che nella dependance si concentrassero qualcosa come sessantamila volt. 

La questione economica diventa sempre più preponderante dato che i nonni non navigano nell’oro; a fine anni Novanta John deve arrendersi e abbandonare i suoi sogni. Sarà lui stesso a ricordare quel periodo come mesi di grande frustrazione, quasi depressione.

Al suo progetto ha dedicato quasi trent’anni e per lui la sua vita è stata “una strada solitaria di montagna che conduce a picchi più alti, per vedere un panorama, un qualcosa che la maggior parte della gente non vedrà mai”.

Credo ci siano due modi per approcciarsi a una storia come questa: la prima è giudicare John Shepherd come uno dei tanti svalvolati che abitano il mondo, un personaggio a cui rivolgere una bonaria compassione accompagnata magari da un sorrisetto di superiorità;

le dimensioni anche fisiche di quanto messo in piedi dal nostro suggeriscono però una lettura diversa. Il suo non è un hobby della domenica ma per quasi tre decenni è stata una vera e propria ragione di vita. Direttamente dalle sue parole: “Non ho trovato risultati significativi, però quanto a ispirazione e idee creative ha riempito e dato un senso alla mia vita”.

Soprattutto da giovani e ancora pieni di illusioni, ci si arrovella spesso su quanto l’arte debba concedere al commercio e a quanto per semplificare definiamo mercato. Per quanto stramba possa sembrare per qualcuno, la sua impresa è quanto più si avvicina al concetto di arte pura: non solo non ha fatto nulla per compiacere un pubblico ma per tutta la vita non ha nemmeno saputo con certezza se quel pubblico esistesse.

Oggi John Shepherd è un anziano signore americano con barba e capelli lunghi e bianchi e una vaga somiglianza con Robert Wyatt. Dal 1993 è fidanzato con John Litrenta che ha conosciuto in un bar con cui sembra capirsi al volo. 

JS3.jpg


Autore : Federico Piva, Luglio 2023