Musica e
ricordi. Quando si considera la musica un elemento importante della propria
vita è normale che essa sia associata a ricordi. Cercando di non tediare
proverò a raccontarne qualcuno.
Partiamo dai ricordi negativi. #1 Bye Bye
Love.Il primo è legato a “By by love”, di Simon e Garfunkel. In quell’estate mi piaceva moltissimo e la
canticchiavo continuamente anche perché facile da ricordare: “Bye bye love, Bye bye happiness, Hello loneliness, I
think I'm gonna cry, Bye bye love, Bye bye sweet caress, Hello emptiness, I
feel like I could die, Bye bye my love, goodbye, There goes my baby, With
someone new, She sure looks happy, I sure am blue, She was my baby, Till he
stepped in, Goodbye to romance, That might have been…” Premonitrice;
infatti al ritorno dalle vacanze la mia morosina del tempo mi mollò (e meno
male). #2 Scusa Lucio. Qualche anno dopo ebbi un brutto momento
dal punto di vista sentimentale. Ovunque andassi il sottofondo era “Una donna
per amica” di Battisti. Non me ne voglia il povero Lucio ma da quel momento mi
sta pesantemente sulle balle.
#3
l’Innominabile. Musica
e scaramanzia. C’è stato un periodo in cui mi piaceva molto un cantautore
italiano ma capitarono due episodi. Ascoltandolo in macchina al distributore misi
il diesel al posto della benzina, ed era una notte buia e tempestosa. Un’altra
volta ascoltandolo a casa mi accorsi che mio figlio aveva improvvisamente la
febbre a 40. Da quel momento fu bandito da ogni ascolto ed in famiglia chiamato
“l’innominabile”. Devo dire che il suo look era abbastanza pertinente. Ancora
oggi se compare alla tv scattiamo come molle per cambiare canale!
Passiamo
ai ricordi piacevoli. #4 Imagine Come nei romanzi rosa io e mia
moglie abbiamo la “nostra“ canzone. Sia perché ero l’esperto in musica, sia
perché avevo la pretesa di ascoltarla buona, alle feste ero incaricato dei
dischi. Quell’ultimo dell’anno tra i tanti portai il fresco di stampa “Imagine”
di John Lennon. E sulle note di quell’immortale brano (ci mancherebbe) io e mia
moglie ci siamo messi assieme, giusto quasi 50 anni fa. Roba da De Filippi.
#5
Dreamin’ Caifornia Negli anni ’70 noi abitanti di una piccola cittadina (bastardo
posto) si aveva l’abitudine di andare nella capitale, Bologna. C’era il mitico
negozio di dischi Nannucci, ma tra le tante altre cose c’era al sabato il
mercato della Montagnola dove andavamo a cercare vestiti usati. Generalmente si
partiva la mattina presto per essere tra i primi a scegliere nei banchi la roba
migliore. Ricordo ancora perfettamente quella volta che provai la sensazione di
essere in una Highway Californiana, tra la Via Emilia ed il West. Entriamo in
autostrada con la mitica Dyane, il sole inizia a sorgere davanti a noi, basso,
rosseggiante all’orizzonte. Accendo il fido mangiacassette Philips (non avevo
lo stereo) e parte “Ramblin’ Man” della
Allman Brothers Band. Uno sballo. Tutte le volte che sono entrato ed entro in
autostrada direzione Bologna di mattina presto mi scatta un riflesso
condizionato: mi aspetto di sentirla ancora. #
Nel film Facciamo
un salto di circa vent’anni Con una coppia di amici ci eravamo recati a Parigi
per un mordi e fuggi di tre giorni, un viaggio memorabile per tanti episodi. L’ultima sera andiamo a cena in un ristorante
cinese dove alla domanda del cameriere cosa vi porto rispondiamo tutto. Finita
la luculliana cena (di vera cucina cinese) il mio amico vuole andare in
discoteca. Chiamiamo un taxi e gli chiediamo di portarci in quella più
gettonata. Siamo in quattro, io mi siedo davanti, Ci addentriamo per le strade di
Parigi piene di giovani, di rumori, di luci. Il taxista teneva la radio accesa
ad un buon volume. Ad un certo punto parte “Bat Out of Hell” dei Meat Loaf e io
gli chiedo di alzare il volume, cosa fa che pur essendo francese. Ho passato
alcuni minuti in cui mi sono sentito dentro un film, sospeso in un’atmosfera
talmente perfetta da essere irreale. Fantastico, irripetibile. Potere della
situazione, del luogo, ma se non ci fosse stata quella musica non sarebbe stato
lo stesso. Per onore della cronaca abbiamo poi concluso la nottata al Crazy
Horse dove ho potuto vedere come è fatta “la donna”. Anche questo indimenticabile.
#7
Il giardiniere. Memorabile
esperienza quella vissuta al concerto di Eric Burdon & the Animals l’11
dicembre 1980 al palazzetto dello sport di Reggio Emila. Ci andai come spesso
in quegli anni con il mio amico Enrico, che oltre ad essere un grande filosofo
era un ottimo coltivatore, sul suo terrazzo, di piantine dalle foglie appuntite
(che erano probabilmente la ragione del suo molto rilassato atteggiamento verso
la vita). A parte rare eccezioni ai concerti sono sempre stato uno spettatore
composto. Non mi dimenavo, non urlavo, al massimo seguivo il ritmo con la
testa. In quel concerto eravamo praticamente davanti al palco. Burdon è stato
un grande bluesman e quella volta specialmente verso la fine propose brani
memorabili. Da sotto il palco sentivo contro mio corpo la pressione delle onde
sonore. Sarà stato per questo, sarà stato che a quei ritmi è impossibile
resistere o il probabile effetto delle coltivazioni dell’amico Enrico, ma
quella volta riuscii ad abbattere il muro tra musica ed ascolto lasciandomi
trascinare e coinvolgere completamente. Ricordo di aver fatto salti ad altezze
oltre gli amplificatori, di avere urlato ad un volume forse superiore a quello
della possente voce di Burdon. Non c’erano gli altri e se c’erano non mi
interessava se mi guardavano stupiti. C’ero io e la musica, io dentro la musica,
io ero la musica. Un’esperienza mai più provata, forse perché ho diradato le
mie presenze ai concerti, forse perché non ci andavo più con Enrico o forse
perché solo il blues, quel blues era in grado far emergere la mia vera anima
musicale. Pochi anni fa ho rivisto Burdon a Viadana, seduto composto nella mia
seggiolina di plastica bianca. Bel concerto, mi è piaciuto e ho partecipato seguendo
la musica con la testa.
#
I dervisci.
Altra memorabile esperienza, ma di diverso tipo, quella vissuta a Bologna
il 16 dicembre 1980 al concerto dei Talking Heads (cinque giorni dopo
Burdon!!). Lo sballo senza stupefacenti. In quegli anni loro erano il mio
gruppo preferito. Era da poco uscito l’album Remain in Light in cui c’era “Once
in a lifetime” che mi aveva letteralmente stregato. Quando nel concerto (in
cui Nina Hendrix era vocalist) ne hanno eseguito una interminabile versione ho,
come i dervisci rotanti, raggiunto l’estasi, la fusione totale tra mente e
suono, un’esperienza di puro godimento mai più provata durante un ascolto che
avrei voluto non finisse mai. Sublime, come la visione delle mie amate Ninfee
di Monet.
Bei
ricordi, bei tempi ma soprattutto gran musica.
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